Questa
frase (la cui traduzione esatta sarebbe "vietati gli uomini")
così poco comune in Europa è invece piuttosto frequente da queste
parti. La prima volta che l'ho sentita è stata
in occasione dei festeggiamenti per l'ʿid watani, la festa nazionale
che quest'anno celebrava i 45 anni di sultanato di sua Maestà
Qaboos. Ufficialmente la festa è stata il 19/11 ma i
festeggiamenti vanno avanti a oltranza e la questa settimana gli
omaniti hanno due giorni di vacanza - noi solo 1. Quindi, tornando a
questo meraviglioso divieto, è successo che il 23/11 siamo
andati tutti allo stadio a vedere lo spettacolo itinerante in onore
di Qaboos. Siamo un bel gruppetto: 4 ragazze della scuola, 4 ragazzi,
3 delle nostre language partners, Samira e Sultan con le due bambine
(i due maschi invece fanno parte dello spettacolo); facciamo per
avviarci verso le scale che portano agli spalti ma una poliziotta con
hijab e cappello ci ferma con la mano e scuote la testa urlando
"Rigal mamnuʿ!!!" E così ci separiamo perché quella è
la sezione riservata alle donne e gli uomini devono andarsene dal
lato opposto. Noi 4 con le nostre language partners e Samira con le
due bambine ci sistemiamo e mi rendo conto subito della netta
distinzione che contraddistingue qualsiasi evento pubblico: il
settore delle donne è nero pesto per via dell'abayya che tutte
indossano, mentre quello degli uomini risalta per il bianco candido
delle loro dishdasha (infatti l'outfit ufficiale ed elegante
degli uomini consiste in dishdasha bianchissima e nelle occasioni più
solenni si aggiunge anche la cintura con il khanjar, il turbante in
tinta con una fascia di stoffa che si lega in vita sopra la cintura e
una spada o il bastone per cavalcare i cammelli).
Khanjar
Outfit
per le grandi occasioni
Dopo
numerosi canti, balli, racconti, musiche, rappresentazioni, cavalli e
cammelli partono migliaia di fuochi d'artificio che illuminano a
giorno lo stadio e tutto intorno e sembra che non finiscano più,
anzi forse sono fin troppi perché la gente inizia ad andarsene... In
realtà sono solo molto furbi e previdenti perché quando finalmente
i fuochi finiscono e noi usciamo dallo stadio, abbiamo il tempo di
raggiungere la macchina che rimaniamo bloccati nel parcheggio per via
del traffico. Probabilmente c'era tutta Ibri presente a onorare la
famiglia Qaboos, che tra l'altro ha assistito alla rappresentazione -
il sultano era rimasto a casa però. Dopo mezz'ora buona riusciamo a
raggiungere la rotonda e il traffico si fa più sopportabile, a parte
le macchine degli shabab che strombazzano i clacson come gli ossessi
e urlano seduti sui finestrini dei loro lucidissimi suv.
La
sposa omanita
L'altro
giorno ricevo un messaggio indecifrabile dalla mia language partner
(che per la cronaca si chiama Taimura) la quale mi invitava al
matrimonio di una sua conoscente. Per essere sicura di aver afferrato
bene il concetto, mi sono rivolta alla mia traduttrice di fiducia,
Latifah, che ha confermato l'invito e mi ha un po' spiegato come
funzionano queste cose in Oman, sottolineando che se non volevo
andarci da sola avrei dovuto trovare un'accompagnatrice, non potevo
andare con Thor perché "rigal mamnuʿ!". Problema
risolto: venerdì sera Taimura e le sue sorelle vengono a recuperare
me, Sonja e Anna e partiamo alla volta del matrimonio. Gli uomini
sono vietati perché la prima parte della festa è dedicata alle
donne, per cui le parenti e le amiche della sposa si ritrovano sotto
un tendone enorme e mangiano, bevono, parlano e ballano al ritmo
sfrenato delle canzoni omanite. Dopo un po' arriva la sposa, vestita
di bianco con una specie di mantello/hijab bianco damascato che si
toglie non appena varca la soglia del tendone; non sembra affatto
contenta, forse perché la fotografa non le lascia fare mezzo passo
senza scattare mille foto, o forse perché la gonna del vestito è
talmente larga e lunga che le finiva sempre sotto le scarpe, oppure
perché teme che il forte vento del deserto sradichi il tendone e
faccia volare tutto per aria. Al fondo del tendone c'è una sorta di
divano bianchissimo coperto di brillanti installato su un palco verso
cui si dirige faticosamente la nostra sposa; quando finalmente
arriva, le parenti vanno a porgerle i loro saluti e auguri per il
futuro: un abbraccio e tante cose sussurrate ad entrambe le
orecchie, persino quella che immagino fosse la nonna sale sul
palco, abbraccia la ragazza, piange e non riesce più a scendere.
La
cena è discreta, se ho capito bene molti mangiano a casa loro e poi
si spostano al matrimonio con gli stomac(h)i già pieni, ma noi non
ne sapevamo nulla, così ci portano il solito piattone di riso e
tranci di agnello - tutto un po' freddo - frutta e l'immancabile
halwa, il dolce tipicissimo omanita che sembra una gigante caramella
gelatinosa con mandorle o anacardi e spezie.
Dopo
un'oretta e mezza, siamo un po' tutte annoiate, del futuro marito non
c'è ancora neanche l'ombra, i balli sinuosi che mi aspettavo
lasciano un po' a desiderare e così dopo uno sguardo collettivo
d'intesa ce ne andiamo. Tra l'altro non ho nemmeno una foto della
serata perché anche quelle sono vietate, solo la fotografa ufficiale
è autorizzarla a farle e inviarle poi esclusivamente alla sposa,
deciderà poi lei a chi farle vedere. Non so granché sui matrimoni
nostrani ma sto imparando un sacco su quelli omaniti perché la mia
Taimura ad aprile si sposa e quindi mi spiega per filo e per segno
come funzionano, come si conosce il futuro marito, della festa di
fidanzamento, della luna di miele, di cosa farà dopo eccetera. In
pratica qui essendo la separazione maschi-femmine decisamente più
netta rispetto alla nostra, non è semplicissimo trovare l'anima
gemella quindi, oltre alla possibilità di conoscere il futuro marito
o futura sposa a lavoro o all'università, la società offre un
ottimo servizio stile "dottor Stranamore" per cui il
lui/lei in cerca dell'amore eterno si rivolgono a una signora che ha
la lista di tutti i lui/lei in età da matrimonio e saggiamente
consiglia quello/a più adatto al richiedente le sue mansioni. Quando
il nostro eroe o eroina hanno scelto una persona dalla lista, la
suddetta signora si rivolge alla famiglia del prescelto/a per
proporre questa unione. In linea di massima sarà poi il prescelto/a
a prendere la decisione finale, raramente è la famiglia a imporre il
suo desiderio. Dopo di che i due si incontrano, se si piacciono si fa
la festa di fidanzamento e dopo qualche mese - se continuano a
piacersi - si fa il matrimonio vero e proprio.
E
vissero per sempre felici e contenti e con tanti figli.
Cecilia